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giovedì 20 ottobre 2011

"Da ognuno secondo le proprie capacità, a ognuno secondo i propri bisogni" (Karl Marx) - III PARTE

PERCHE' ABOLIRE LA PROPRIETA' PRIVATA?

Che diritto possono arrogarsi i comunisti di abolire la proprietà privata? Tutto risulta più chiaro se ci chiediamo preventivamente: che diritto si ha di avere una proprietà privata? In base a quale norma si può dire che una cosa è nostra e solo nostra, precludendola a tutti gli altri uomini? Quale è il diritto che sta alla base e legittima l’appropriarsi di terre, di frutti e, in ultima analisi, dei mezzi di produzione? Marx fa notare, in un passo de “L’ideologia tedesca”, che “ l’economia politica parte dal fatto della proprietà privata. Non ce la spiega. ” Ciò significa che la proprietà è sempre stata considerata alla stregua di un postulato, ovvero la si è sempre accettata acriticamente, come un qualcosa che non necessita di spiegazioni. Proprio come la religione poggia sul postulato dell’esistenza di Dio, così l’economia si è, da sempre, fondata sul postulato della legittimità della proprietà privata e, in modo analogo alla religione, il postulato costitutivo su cui poggia è sempre più andato circondandosi di un alone mistico e solenne , a tal punto che nella società borghese vigente non vi è alcun reato più sacrilego che mettere in discussione la proprietà privata. Se tuttavia conduciamo un’analisi storica, non possiamo non pervenire allo sconcertante risultato che la proprietà privata nasce come vero e proprio furto con cui ci si appropria indebitamente di ciò che in origine era un bene collettivo, ovvero non era di nessuno o, se preferiamo, era di tutti.
Possiamo avvalorare questa tesi, per smentire coloro i quali la riterranno una mera aberrazione mentale, adducendo un esempio particolarmente significativo: nell’Inghilterra del Cinquecento, si verificò in tutta la sua drammaticità il fenomeno delle “enclosures”, delle recinzioni delle terre, che venivano sottratte al regime dell’ “openfield” con le sue pratiche comunitarie; talvolta le recinzioni (che avvenivano quasi sempre con metodi violenti e brutali) investirono anche le terre incolte considerate dai villaggi, da tempo immemorabile, come proprietà collettiva per i pascoli. A questo punto qualcuno obietterà che, pur ammettendo che la proprietà privata affondi le sue radici in un furto, resta pur sempre vero che solamente quando si è proprietari a pieno titolo di una terra la si lavora al massimo per farla fruttare il più possibile, producendo in tal modo più cibo e benessere per tutti; quando invece manca la proprietà effettiva, viene anche meno l’interesse a far fruttare al meglio una terra che non è propria. Ma quest’osservazione non fa fronte al problema di fondo: si tratta sempre e comunque di un furto, produttivo o non produttivo che sia. In modo lucido e brillante, Marx stesso, nel “Manifesto del partito comunista”, risponde a questa critica: “ è stato obiettato che, con la soppressione della proprietà privata, cesserà ogni attività e si diffonderà una pigrizia generale. Se così fosse, la società borghese sarebbe da parecchio tempo andata in rovina a causa dell'indolenza, dal momento che in essa chi lavora non guadagna e chi guadagna non lavora. ” Altra accusa che viene sprezzantemente mossa ai comunisti è di voler sottrarre la proprietà ai più ricchi per poi, anziché ridistribuirla ai più poveri, tenersela: quest’accusa, che ignora totalmente i princìpi marxisti che alimentano il comunismo, non tiene conto che i comunisti non si propongono di realizzare una distribuzione più equa della proprietà privata (come invece ha ritenuto più volte giusto fare la borghesia), poiché così facendo si resterebbe sempre nell’alveo della tradizione borghese e della sua convinzione della sacralità della proprietà privata. Si tratta, viceversa, non di redistribuire, bensì di eliminare la proprietà privata, anche perché, limitandosi a redistribuirla, essa continuerebbe ad esistere nella sua forma di furto. In conclusione, alla domanda “che diritto si ha di abolire la proprietà privata?” si può rispondere che il diritto a cui si fa appello è lo stesso a cui si richiamano coloro ai danni del quale è stato perpetrato un furto e che chiedono che ad esso venga posto un riparo. E come si fa ad abbattere la proprietà privata? Con la rivoluzione: e a tal proposito Marx dice che “ per trasformare la proprietà privata e spezzettata, oggetto del lavoro individuale, in proprietà capitalistica, occorsero naturalmente più tempo, sforzi e sofferenze di quanto non ne esigerà la metamorfosi in proprietà sociale della proprietà capitalistica, che di fatto si basa già su un modo di produzione collettivo. Là si trattava della espropriazione della massa da parte di alcuni espropriatori; qui si tratta dell'espropriazione di alcuni usurpatori da parte della massa ”. Per citare le parole che Marx spende in merito nel celebre “Manifesto del partito comunista”: “ Voi inorridite perché noi vogliamo eliminare la proprietà privata. Ma nella vostra società esistente la proprietà privata è abolita per i nove decimi dei suoi membri; anzi, essa esiste proprio in quanto non esiste per quei nove decimi. Voi ci rimproverate dunque di voler abolire una proprietà che ha per condizione necessaria la mancanza di proprietà per la stragrande maggioranza della società. 


6 commenti:

  1. Se a qualcuno venisse in mente di appropriarsi del mio appartamento lo ucciderei!

    Un abbraccione e buon venerdì!

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  2. Allora io avrei paura solo a provarci =D
    Grazie di essere passata, un abbraccio anche a te :)

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  3. beh, secondo me ormai quello che fatto è fatto, però come ragionamento di base non è sbagliato...

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  4. Io non credo alla frase: "Quello che è fatto è fatto"... Si può sempre rimediare, andare avanti e cambiare... Niente deve per forza rimanere com'è, anzi... se non ci piace, motivo in più per cambiarla :)

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  5. e allora andiamo a riprenderci l'appartamento di Kylie =D

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  6. Ciao! ti piacerebbe vincere 300 euro da spendere in shopping?
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E tu che ne pensi??

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